D: Da cosa nasce questo progetto ?
R: Ho scritto la storia tutta d’un fiato, pensando a mia figlia e a tutti i giovani che nel crescere affrontano il mondo e le sue sfide.

D: Ma sua figlia Sabrina ha vent’anni ! Non le sembra un po’ troppo grande per le favole ?

R: Si sa, che per i genitori, i figli rimangono sempre i loro «bambini», anche quando diventano più alti di te, la cosa che cambia invece e che diventa sempre più difficile man mano che crescono, soprattutto nella fase dell’adolescenza, è la comunicazione. Penso di aver toccato le corde del suo cuore e di essermi fatto capire, scrivendole e dedicandole questa novellina, che racchiude in se un messaggio forte e chiaro, espresso in modo semplice e sincero.

D: Che età darebbe ai lettori di : «Quello che i bruchi chiamano la fine del mondo» ?

R: Lo abbiamo per così dire «testato» prima di pubblicarlo, mia moglie lo ha letto alla nostra nipotina di tre anni e lei si è divertita, ovviamente poi ha voluto che il nonno stesso gliela rileggesse più volte, due deliziose gemelline di quasi sette anni lo hanno gradito molto e mi hanno anche suggerito di apportare un paio di modifiche a loro avviso indispensabili, insomma penso che si possa partire a leggere questo libricino, dall’età in cui si chiede di essere lette delle storie, in poi.

D: In conclusione quale sono le sue aspettative per questa prima esperienza letteraria?

R: Mi piace immaginare centinaia di bambini rimanere a bocca aperta leggendo o ascoltando la storia, affezionarsi ai protagonisti ed interagire con loro colorando e personalizzando il libro, ritagliare i personaggi e giocare, creando nuove ed appassionanti avventure. Ritengo che questa sia la cosa più bella a cui io possa ambire, riuscire ad offrire momenti di svago, un pizzico di emozione ed una goccia di buoni valori.